Hanno
scritto su di lui e i suoi libri:
Ci
sono almeno tre buone ragioni per leggere Furio Jesi. Prima di tutto
(ed è una ragione teorica), Jesi porta tutta la sua attenzione sulla
nascita linguistica del mito. Secondariamente (ed è una ragione
poetica), Jesi permetterà di evitare le ingenuità che non mancano
di accompagnare il versante mitologico degli studi francesi. Infine
(ed è una ragione politica), Jesi ci obbliga a interrogare il
rapporto tra mito e credenza. Il rito poetico sarebbe una forma di
“preghiera demitificata”?i
Jesi
è una figura singolare di saggista e studioso, probabilmente uno dei
maggiori del dopoguerra, l’unico capace di legare insieme in una
scrittura davvero originale temi filosofici e letterari, scienza del
mito e germanistica, egittologia e traduzioneii.
Con
la publicazione di Germania
segreta (1976) e di
Letteratura e mito
(1968), l’enfant prodige
che aveva attraversato quindicenne gli impervi sentieri
dell’egittologia, si era ormai imposto come il più intelligente
studioso di mitologia e scienza delle religioni e, insieme, come una
delle personalità più originali della cultura di quegli anni,
difficile da rubricare nei limiti di una disciplina accademicaiii.
La
prima verità da dire su di lui (e da ricordare a tutti noi) è che
Jesi era un intellettuale di razza rara: un intellettuale anomalo per
natura e per vocazione, uno studioso che si era impegnato nei più
diversi campi della cultura, un uomo che anche nella vita personale
aveva modificato non poche regole del giocoiv.
Esploratore
del sottosuolo dell’anima individuale e collettiva, egli è capace
di renderne l’oggettivazione nella catabasi nelle viscere della
cittàv.
Apparteneva
a quel raro genere di intellettuali che concepiscono la loro stessa
esistenza come un testo
nel quale fluiscono e magari anche si scontrano, in onde sempre più
alte, i pensieri pensati e le immagini vissute fino a comporsi in una
distesa variegata e compatta che se può sembrare pacificata, pur
continua ad essere il cristallino equilibrio di tensioni segrete,
quasi la trasfigurata armonia di profonde inquietudini e occulte
dissonanzevi.
Furio
se ne andò a 39 anni, l’età di Pascal e di Leopardi. E non sembri
esagerato l’accostamento: se nella mia vita ho provato mai la
sensazione di trovarmi davanti a un genio fu quando conobbi Furio.
Non ti colpiva soltanto la sua erudizione, che non temeva confronti;
né la qualità brillante della sua conversazione, connotata da
un’ironia finissima che spesso diventava pungente sarcasmo; si
coglieva in lui davvero la rapidità del cerebro, ossia la capacità
di andare immediatamente all’essenza delle questioni, e l’ampiezza
di visione, ossia il saper collocare i singoli problemi all’interno
delle categorie generali. [...] In
lui la voglia di studiare e di scrivere diventava quasi bisogno di
lasciare una traccia di un passaggio sulla terra, prima della fine; e i suoi interessi erano così vasti e l'attitudine con cui vi si gettava così totalitaria da lasciare senza fiato i suoi interlocutori e forse lui stessovii.
Irriverente
verso le regole del gioco e le convenzioni (non soltanto culturali ma
anche personali e private), aperto – per indole e per scelta –
alle più diverse discipline della moderna cultura europea. Un
intellettuale che intendeva la critica letteraria come una sorta di
scorribanda (sui versanti maggiormente al limite) durante la quale
adunare – come in vista di un incendio purificatore – materiali
di cui fiutava le potenzialità sulfureeviii.
È
difficile immaginare qualcosa di più sconcertante del percorso di
Jesi: dipanatosi via via, in un ventennio vertiginoso, attraverso una
estrema varietà di paesaggi culturali esso attesta congiuntamente,
nel viaggiatore, l’ansia del moto e l’appagamento della
staticità, l’allargarsi della superficie e lo scavare nel
profondoix.
Mente
inquieta e lucida, Jesi aveva la capacità di saper creare metafore
intellettuali, ossia di lavorare intorno a una intuizione
aforismatica. “Vagare” è forse l’azione che più si addice
alla sua riflessione. [La sua scrittura sul mito] è intrisa di un
mitologema continuo, ovvero è caratterizzata da un linguaggio
mitico. Ciò che l’attraversa è una prassi intellettuale che si
irrora di mito, ma che nell’abbrancarlo [...] non può delimitarlo,
stringerlo e dunque chiuderlo. Può solo girarci intornox.
È
stato uno degli ultimi grandi studiosi di mitologia. Per un certo
periodo, come allievo di Karl Kerényi, si collocò nella tradizione
di una mitologia scientifica. A Benjamin era unito spiritualmente dal
riserbo cabalistico e dall’eredità ebraica, che li accomunava di
diritto nel movimento illuminista europeo. La sua opera e le sue idee
costituivano la sua forza dinamicaxi.
Non
credo di andare lontano dal vero se dico che Jesi fu il Benjamin
italiano. [...] Entrambi ebrei, ebbero un’uguale morte precoce e
drammatica, ambedue unirono interessi scientifici e culturali
politici a una vivace passione politica. Jesi riprese dallo studioso
berlinese la tecnica del cosiddetto “comporre per citazioni”, ma
soprattutto lo rendono affine a Benjamin la volontà e la capacità
di scandagliare la poesia e il pensiero moderni alla ricerca del mito
inteso come “realtà fondamentale e perduta che può essere
rivelata, anche se ogni volta inadeguatamente, dalla forza
dell’interpretazione”xii.
Mi
ha spinto a scrivere di Jesi lo stupore che un lavoro così fecondo e
pionieristico, unico nel panorama della critica recente, abbia avuto
scarsa circolazione nella nostra cultura. Forse egli era in anticipo
su i tempi, forse non è ancora venuto il momento propizio per una
giusta comprensione della sua grandezzaxiii.
Incurante
di mode critiche avventuristiche, Jesi, oltre che germanista di
prim’ordine, fu un ardito, razionale investigatore dell’animo
umano, di quel sostrato culturale che resta e vige dietro
l’occasionalità, l’estemporaneità degli argomenti e dei metodi
à la page.
[... ] Le sue ricerche e le sue conquiste sono un testamento che
ancora non possiamo valutare appieno, che soltanto un giorno potremo
finalmente leggere e capirexiv.
Sono
contento che sia arrivata l’estate, così posso leggere tutti i
libri che mi piacciono e soprattutto La
casa incantata di Furio
Jesi. [...] A me il romanzo è piaciuto non solo per i personaggi
simpatici e fiabeschi, ma anche per il modo accattivante in cui è
stato scritto. Il lettore ha, infatti, la sensazione di essere dentro
alla storia. [...] Il momento più buffo del racconto è stato quello
del mago con i piedi di falce che si arrampica sul palo della luce.
Quello che mi ha colpito di più è stato invece l’episodio
fiabesco dei poeti che mangiano le rose. Proprio un bel libro da
leggere tutto d’un fiatoxv.
i
M. Rueff, in Furio Jesi, Rilke et la poétique du rituel,
presenté et traduit de l’italien par Martin Rueff, in
«Po&sie», 121, 2007, Belin, Paris, p. 10 (trad. nostra).
ii
M. Belpoliti, Settanta, Einaudi, Torino, 2001, p. 93.
iii
G. Agamben, “Il talismano di Furio Jesi”, in F. Jesi, Lettura
del Bateau Ivre di Rimbaud, Quodlibet, Macerata, 1999, p.
5.
iv
S. Moravia, “Jesi,
l’interprete del mito”, «Tuttolibri» de «La Stampa», Torino,
1980, p. 4.
v
C. Cases, “Tempi bui per i vampiri”, in «L’indice dei
libri del mese», Torino, aprile 1987; ripubblicato in «L’indice
dei libri del mese», fascicolo speciale dedicato a Cases, maggio
2008, p. 19.
vi
F. Masini, “Risalire il Nilo”, in F. Masini e G. Schiavoni (a
cura di), Risalire il Nilo, Sellerio, Palermo, 1983, pp.
16-17.
vii
A. d’Orsi, “Il volo di Spartakus, il ricordo di un
geniale intellettuale scomparso”, in «La Stampa», Torino, 3
gennaio 2001, p. 20
viii
G. Schiavoni, “L’uomo segreto che è in noi”, in «Immediati
dintorni», 1, 1989, Lubrina, Bergamo, p. 286.
ix
G. Cusatelli, “Un difensore della ragione”, «L’indice dei
libri del mese», cit., n. 4, 1987, pp. 4-5.
x
D. Bidussa, “La macchina mitologica e la grana della storia”, in
F. Jesi, L’accusa del sangue, Morcelliana, Brescia, 1993,
pp. 94, 98.
xi
G. van de Moetter, “Furio Jesi. Von Hildesheim bis zu Ufern des
Nils”, in «Zibaldone», Stauffenburg Verlag, Tübingen, n.
4, november 1987, p. 81 (trad. nostra).
xii
L. Piantini, “La mente critica di Furio Jesi”, in «Studi
filosofici», XVI, Bibliopolis, Napoli, 1993, pp. 396 (la citazione
interna è: F. Jesi, “Walter Benjamin”, in Enciclopedia
Garzanti di Filosofia, 1981, p. 83).
xiii
L. Piantini, “Furio Jesi: tempo del segreto e tempo della
storia”, in «Il ponte», n. 6, giugno 1990, p. 89.
xiv
F. La Polla, “Furio Jesi, l’ultimo mitteleuropeo”, in «Il
resto del Carlino», Bologna, 16 luglio 1980, p. 3.
xv
E. M. Sebastiano, lettore di 9 anni, in «Bibliolà... ragazzi»,
recensione a La casa incantata,
«Bibliolà... ragazzi», periodico della biblioteca civica di San
Donà di Piave, n. 1, settembre, 2003.
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