lunedì 16 agosto 2010





la stagione delle piogge che si è aperta a ferragosto mi riporta verso il lavoro, il pensiero, la scrittura,
intanto ecco una mappa di quello che ho letto quest'estate, in ordine decrescente. inutile cercare un senso.

belpoliti – l'occhio di calvino, senza vergogna

calvino – le cosmicomiche

saramago – il viaggio dell'elefante, caino

roth – l'umiliazione

ross – il resto è rumore

augé – il bello della bicicletta

cotzee – gioventù

mann – cane e padrone


qua invece riprendo la 'consueta' programmazione con un pezzo sulla macchina mitologica in Jesi, con sbandamento progressivo. mentre medito sul futuro.

prova di scrittura. Jesiana


Il fatto che la macchina mitologica sia simultaneamente «oggetto di conoscenza e modo di conoscere» richiama la precedente affermazione secondo cui non si può che «incontrare dietro una mitologia un'altra mitologia più antica»: nel senso di una fenomenologia storica questo vuol dire che c'é solo il flusso di ricezione, e che è impossibile risalire alle origini del mito, se non creando il mito delle origine.

In senso epistemologico Jesi intende affermare che ogni teoria della mitologia è una forma di mitologia a sua volta: se ogni mito esprime in forma naturalizzata una ideologia tutte le teorie del mito sono forme ideologiche nel momento in cui incorporano il concetto stesso di mito dentro un sistema teorico senza il quale l'oggetto 'mito' perderebbe di senso; la stessa 'macchina mitologica' è una modalità di conoscere mitologico in quanto modello teorico che implica la critica di ogni mito-fondamento.

In senso teoretico inoltre il discorso di Jesi implica che mitologico sia il modo di conoscere tout court: la costruzione di senso è tale poiché si serve della selezione di segni preesistenti, i quali ricombinati danno vita a nuovi significati che si generano intersoggettivamente nel flusso storico della vita; il coincidere della macchina mitologica con il «fondamento oscuro del processo gnoseologico» indica così la stretta parantela della mitopoiesi con il problema della genesi stessa del pensiero, il quale diviene chiaro nei suoi 'pensati' nel focus della ricezione, l'«ora» in cui si ricompone nel senso dell'«attualità» ciò che sarebbe frammentato e disperso.

In altri termini si potrebbe trasporre l'affermazione jesiana nel modo che segue: 'attraverso una macchina mitologica un 'io' conosce la macchina mitologica', che articolata e scomposta diventerebbe: l' 'io' servendosi di una macchina mitologica (i suoi processi mentali) produce una macchina mitologica-teoria; (La macchina mitologica come modo di conoscere). Con questa l'io conosce le diverse macchine mitologiche (i processi mitopoietici) in atto nella storia della scienza del mito, della letteratura, della politica (La macchina mitologica come oggetto di conoscenza). Nella sua analisi a partire dagli effetti della mitopoiesi nella realtà, l'unica che può minimizzare il rischio di innescare meccanismi di autofondazione, l'io è risalito così a un modello ricezione/elaborazione che mentre spiega il suo oggetto, descrive anche il suo costitutivo modo di pensare e conoscere, e si conosce.

Condurre questa teoria dell'attualità alle sue estreme conseguenze produce un paradossale effetto larsen di ricorsività, simile all'innesco disturbante che crea involontariamente un ascoltatore radiofonico quando telefonando ad una trasmissione in diretta trasmette oltre la sua voce dal telefono anche l'emissione di questa che esce dalla radio di casa, e il segnale raddoppiato alimenta un ciclo di moltiplicazione infinita di piani sonori. Jesi ci dice che quando lo studioso si rivolge al passato coglie sempre il passato a partire dal suo presente, ma anche lui, in quanto studioso dello studioso fa lo stesso: mentre rivela ciò che interessa un'epoca di fatto sta parlando di sé. L'effetto è tale che dopo aver descritto una teoria dell'attualità, egli chiede che la si applichi alla sua stessa lettura; in questo modo anche chi scrive in questo momento, nella veste di studioso dello studioso degli studiosi si ritrova a studiare il primo oggetto, il secondo e simultaneamente a includere sé in quel tipo di analisi, in modo tale che il lettore non potrà fare a meno di salire di un livello e a tener conto della sua interpretazione. L'intento 'originario' sarebbe oggetto di uno sbandamento del senso che passa attraverso il tempo di scrive per primo, il tempo di chi lo legge, il tempo di chi legge chi legge e così via: l'immagine mentale dell'atto di chi legge nel suo momento sarebbe così simile a quella di un sogno che ho recentemente e realmente sognato. Vedo un testo scritto nel quale sono sovrapposti alle righe altri fogli con scritture differenti di modo che i suoi testi risultino composti da più strati. A diversi livelli le pagine sono strappate in alcuni punti in modo da togliere alcune parole e rivelare quelle sottostanti che però si leggono insieme alle prime. In tal modo i livelli di senso si confondono perché il nuovo testo deriva da parole appartenenti a differenti strati e contesti, nessuno dei quali risulta più essere intero e autentico, ma convergono nella sintesi finale di chi percepisce e coordina nell'atto più recente della sua lettura l'intero materiale.

Se ognuno di noi è in qualche modo anche il frutto dei discorsi, delle letture o delle visioni che ha sentito/fatto/avuto la riflessione sulla macchina mitologica che ognuno di noi è/in cui ognuno di noi è inserito è anche una riflessione sulla microfisica del potere, in particolare quello detenuto dai discorsi egemoni all'interno dei quali bisogna porsi per essere accettati, rinunciando alla propria diversità; oppure, come esponendosi al rischio e alla vertigine della propria intelligenza inebriandosene fino a celebrare il mito di se stessi, si diviene rivoluzionari e si rifiuta tutto. Per fare questo c'è bisogno di altri, che siano fratelli e sorelle e non padri o madri; per questo la rivolta è mitica, ed è quel momento in cui nessuno è più solo. O meglio in cui tutte le diverse solitudini si incrociano e sembrano eludersi a vicenda, anche solo per un attimo.

Questa è l'autobiografia possibile di una tarda generazione di epigoni: per i quali rivoluzione, infanzia e poesia, stanno dentro la mitologia come modo di pensare, il cui filo della corrente muove tra i poli del bisogno di amore e quello di rendersi indipendenti.


Uno

Cosmica panoplia ermetica

sgorga furente dal mio pensiero

automatica la ragione

specchio potente del dio che non c'è


2 commenti:

  1. In senso epistemologico sembra simile al problema che aveva Fink nel commentare il soggetto mentre applica la riduzione trascendentale: "le moi phenomenologisant n'est pas possible dans un context phenomenologique"...

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  2. è confortante avere lettori più intelligenti di sé, che spiegano cose che uno confusamente cerca di afferrare e mettere per scritto,

    grazie

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