mercoledì 25 agosto 2010
Libera università di scienze della memoria W. Benjamin
lunedì 16 agosto 2010
calvino – le cosmicomiche
saramago – il viaggio dell'elefante, caino
roth – l'umiliazione
ross – il resto è rumore
augé – il bello della bicicletta
cotzee – gioventù
mann – cane e padrone
Il fatto che la macchina mitologica sia simultaneamente «oggetto di conoscenza e modo di conoscere» richiama la precedente affermazione secondo cui non si può che «incontrare dietro una mitologia un'altra mitologia più antica»: nel senso di una fenomenologia storica questo vuol dire che c'é solo il flusso di ricezione, e che è impossibile risalire alle origini del mito, se non creando il mito delle origine.
In senso epistemologico Jesi intende affermare che ogni teoria della mitologia è una forma di mitologia a sua volta: se ogni mito esprime in forma naturalizzata una ideologia tutte le teorie del mito sono forme ideologiche nel momento in cui incorporano il concetto stesso di mito dentro un sistema teorico senza il quale l'oggetto 'mito' perderebbe di senso; la stessa 'macchina mitologica' è una modalità di conoscere mitologico in quanto modello teorico che implica la critica di ogni mito-fondamento.
In senso teoretico inoltre il discorso di Jesi implica che mitologico sia il modo di conoscere tout court: la costruzione di senso è tale poiché si serve della selezione di segni preesistenti, i quali ricombinati danno vita a nuovi significati che si generano intersoggettivamente nel flusso storico della vita; il coincidere della macchina mitologica con il «fondamento oscuro del processo gnoseologico» indica così la stretta parantela della mitopoiesi con il problema della genesi stessa del pensiero, il quale diviene chiaro nei suoi 'pensati' nel focus della ricezione, l'«ora» in cui si ricompone nel senso dell'«attualità» ciò che sarebbe frammentato e disperso.
In altri termini si potrebbe trasporre l'affermazione jesiana nel modo che segue: 'attraverso una macchina mitologica un 'io' conosce la macchina mitologica', che articolata e scomposta diventerebbe: l' 'io' servendosi di una macchina mitologica (i suoi processi mentali) produce una macchina mitologica-teoria; (La macchina mitologica come modo di conoscere). Con questa l'io conosce le diverse macchine mitologiche (i processi mitopoietici) in atto nella storia della scienza del mito, della letteratura, della politica (La macchina mitologica come oggetto di conoscenza). Nella sua analisi a partire dagli effetti della mitopoiesi nella realtà, l'unica che può minimizzare il rischio di innescare meccanismi di autofondazione, l'io è risalito così a un modello ricezione/elaborazione che mentre spiega il suo oggetto, descrive anche il suo costitutivo modo di pensare e conoscere, e si conosce.
Condurre questa teoria dell'attualità alle sue estreme conseguenze produce un paradossale effetto larsen di ricorsività, simile all'innesco disturbante che crea involontariamente un ascoltatore radiofonico quando telefonando ad una trasmissione in diretta trasmette oltre la sua voce dal telefono anche l'emissione di questa che esce dalla radio di casa, e il segnale raddoppiato alimenta un ciclo di moltiplicazione infinita di piani sonori. Jesi ci dice che quando lo studioso si rivolge al passato coglie sempre il passato a partire dal suo presente, ma anche lui, in quanto studioso dello studioso fa lo stesso: mentre rivela ciò che interessa un'epoca di fatto sta parlando di sé. L'effetto è tale che dopo aver descritto una teoria dell'attualità, egli chiede che la si applichi alla sua stessa lettura; in questo modo anche chi scrive in questo momento, nella veste di studioso dello studioso degli studiosi si ritrova a studiare il primo oggetto, il secondo e simultaneamente a includere sé in quel tipo di analisi, in modo tale che il lettore non potrà fare a meno di salire di un livello e a tener conto della sua interpretazione. L'intento 'originario' sarebbe oggetto di uno sbandamento del senso che passa attraverso il tempo di scrive per primo, il tempo di chi lo legge, il tempo di chi legge chi legge e così via: l'immagine mentale dell'atto di chi legge nel suo momento sarebbe così simile a quella di un sogno che ho recentemente e realmente sognato. Vedo un testo scritto nel quale sono sovrapposti alle righe altri fogli con scritture differenti di modo che i suoi testi risultino composti da più strati. A diversi livelli le pagine sono strappate in alcuni punti in modo da togliere alcune parole e rivelare quelle sottostanti che però si leggono insieme alle prime. In tal modo i livelli di senso si confondono perché il nuovo testo deriva da parole appartenenti a differenti strati e contesti, nessuno dei quali risulta più essere intero e autentico, ma convergono nella sintesi finale di chi percepisce e coordina nell'atto più recente della sua lettura l'intero materiale.
Se ognuno di noi è in qualche modo anche il frutto dei discorsi, delle letture o delle visioni che ha sentito/fatto/avuto la riflessione sulla macchina mitologica che ognuno di noi è/in cui ognuno di noi è inserito è anche una riflessione sulla microfisica del potere, in particolare quello detenuto dai discorsi egemoni all'interno dei quali bisogna porsi per essere accettati, rinunciando alla propria diversità; oppure, come esponendosi al rischio e alla vertigine della propria intelligenza inebriandosene fino a celebrare il mito di se stessi, si diviene rivoluzionari e si rifiuta tutto. Per fare questo c'è bisogno di altri, che siano fratelli e sorelle e non padri o madri; per questo la rivolta è mitica, ed è quel momento in cui nessuno è più solo. O meglio in cui tutte le diverse solitudini si incrociano e sembrano eludersi a vicenda, anche solo per un attimo.
Questa è l'autobiografia possibile di una tarda generazione di epigoni: per i quali rivoluzione, infanzia e poesia, stanno dentro la mitologia come modo di pensare, il cui filo della corrente muove tra i poli del bisogno di amore e quello di rendersi indipendenti.
Uno
Cosmica panoplia ermetica
sgorga furente dal mio pensiero
automatica la ragione
specchio potente del dio che non c'è
sabato 7 agosto 2010
ritorno dalla vacanze/on the road again
era capitato per caso, una stupidaggine.
In austrada sul furgone, diretti a San Marino, ancora prima di arrivare ad Asti avevamo finito la benzina. Fermi.
Io e Pietro abbiamo scavalcato una rete sul ciglio della Torino Piacenza e ci siamo incamminati nei campi in cerca di un distributore. Dopo aver trovato chiuso il primo due ragazzi ci hanno dato uin passaggio in macchina verso un’altra stazione di servizio in questo piccolo paese sonnolento disteso tra l’autostrada e una statale. Presa la benzina in una sacca di plastica abbiamo tagliato nuovamente per i campi dirigendoci verso l’autostrada e il furgone fermo nella corsia d’emergenza un paio di km più indietro dove gli altri ci aspettavano. Abbiamo cominciato a camminare al bordo della strada, e io pensavo a come fossero diverse le distanze percorrendo a piedi un’autostrada.
è stato in quel momento.
non passavano macchine, Pietro mi diceva di stare attento, la strada era vuota.
mi sono detto che non mi sarebbe mai più capitata una cosa così. Il sole di fine luglio arroventava l’asfalto, si poteva vedere l’aria tremolare all’orizzonte. Mi sono messo in centro strada.
Ho camminato in mezzo all’autostrada,
l’aria era cambiata, l’atmosfera si era fatta diversa, mi giungeva attutita la voce di Pietro che diceva qualcosa tipo «che fai sei impazzito? torna qui», ma come se fosse su di un altro piano di coscienza.
Io pensavo soltanto all’asfalto vergine di un luogo non camminato, come se fosse sulla Luna, un posto dove pezzi di metallo e gomma passano a 130allora, dove non succede mai nulla. Pensavo solo al fatto di stare in quel posto, di essere io a camminarci sopra, a renderlo reale e abitato anche solo per pochi minuti; poi all’orizzonte un ondata di veicoli in arrivo verso di me, ho atteso di vedere il bagliore delle lamiere e sentire il rombo dei motori avvicinarsi, finché ho resistito, poi mi sono spostato di nuovo sul ciglio della strada.
il normale fluire delle cose era ripreso. ma per un attimo si era come interrotto sospeso. Io ero stato lì.
dopo poco raggiungemmo il furgone.