giovedì 15 luglio 2010

Stanze gemelle. Tracce fantasma di un lavoro su Jesi.






Oggi si chiude una intensa fase di lavoro per un numero di rivista su Jesi a cui ho dedicato quasi due anni di lavoro, in parallelo al dottorato. Posso solo dire che ne sono molto felice e rimandarvi al sito dell'editore www.rigabooks.it
Qui invece il montaggio di citazioni che segnano e ricalcano l'ideale struttura che ho seguito nel lavoro di tesi,
ogni libro parla di un altro libro,
ogni cosa parla sempre anche di altre cose.

Sto per andare al mare, con la Pimpa e l'orso polare
http://www.youtube.com/watch?v=QlK1N_DG-Zg
quindi non ho avuto voglia di pulire l'editing e uniformare le note. anzi dopo 350 cartelle e 1500 note a pié di pagina controllate nel dettaglio, mi piace l'idea di lasciarmi andare, anche malamente. oggi me lo posso permettere.

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Prologo

Fabbricheremo teorie che splendono come idoli di giada, affascinanti sistemi di ipotesi, a quattro facce, aggraziati. Risaliremo le traiettorie [...] fino alle vite che occupano l'ombra, uomini in carne ossa che gemono in sogno. [...] Qui la sacralità abbonda, un'aberrazione nel cuore del reale. Riaquistiamo la padronanza delle cose.

Don DeLillo, Libra


cap. 1


«chi ama il mito è in certa maniera filosofo»

Aristotele, Metafisica, I, 2, 982 b 18


«Non credo alle cose credo ai loro rapporti». R. Jakobson, Autoritratto di un linguista


cap. 2

[tendere] alla storia più antica e alla più recente. A quella dei sentimenti primitivi in situ, come a quella dei sentimenti resuscitati. Come alla nostra storia di continui risorgimenti e resurrezioni sentimentali. Culto del sangue, del rosso sangue, di quello che c'è di più animale e di più primitivo. Culto delle potenze elementari... resurrezione compensatrice di una specie di culto della Terra madre, sul cui seno è tanto dolce la sera, stendere le membra doloranti... esaltazione di sentimenti primari con una brusca rottura d'orientamento e di valenza; esaltazione della durezza a spese dell'amore, dell'animalità a spese della cultura – ma di un'animalità affermata e provata come superiore alla cultura.

L. Febvre, Problemi di metodo storico, Einaudi, pp. 108 sg.


cap. 3

L'archeologia non si occupa di oggetti sfavillanti, si occupa del contesto. E noi siamo parte del contesto. Sono i nostri lavoranti quelli i cui campi vengono incendiati, sono i loro figli ad avere la malaria. Noi veniamo a studiare un'antica civiltà, ma finiamo per scoprire tante cose sul nostro tempo.

A. Demares, cit. in Alan Weisman, Il mondo senza di noi, p. 271


cap. 4

L'impossibilità del sapere assoluto autorizza la poesia, e allo stesso tempo la riempie di malinconia, poiché essa deve la propria nascita al ritrarsi della luce sperata. La poesia è il residuo notturno dell'avventura luciferina, la traccia della caduta dell'angelo portatore di chiarezza.

Starobinski, in Riga 28 183


«Le mie ricerche continuarono a trattare di vertigine e di abissi, col proposito deliberato che l'intelligenza prendesse possesso di questi territori proibiti. Così studiavo la guerra, il sacro, la poesia, i giochi, tutti i soggetti che per natura offrono una resistenza intima all'analisi concettuale. Presi infine a misurare i poteri della fantasmagoria più banale e insieme più efficace: il sogno e quell'ombra di incertezza che esso lascia planare sulla veglia, quell'ultimo ricorso che esso sospende su ogni azione», Caillois in Riga 28, 24.



cap. 5

"Celebriamo le feste. Festeggiamo chi ci ama, le stagioni, le lune. Ciascuno ritroverà la certezza che quaggiù c'è posto per lui. Forse è questo, l'essenziale. La festa crea un ordine solenne in cui ciascuno è confermato, nel proprio ruolo, nel proprio posto rispetto al tutto. E' questo, credo, ciò che manca agli uomini del nostro tempo: la certezza di avere il proprio posto nella festa esuberante e tragica del mondo e della storia. Ancor più dell'uguaglianza, è di questa sicurezza che gli uomini hanno bisogno. Senza, prendono a mettere in dubbio il senso della vita, e vivere nell'immensità senza forma è insopportabile. Perché tutto, nell'assenza di senso, si dissolve. E' il regno della grande noia dell'uomo, è il contrario della festa."

Jeanne Hersch, Il manifesto, 9 giugno 2000 L'eterno presente di Jeanne Hersch


«gli antichi stili sfilano come una processione di fantasmi»

Alex Ross, Il resto è rumore, p. 158



prendi possesso di questo incantesimo di immortalità

io ti porto il soffio vitale e la vita

non andare verso le nere tenebre [da cui provieni]

restane indenne

va verso la luce dei vivi che sta davanti a te

Formula rituale vedica, in Van gennep, p. 47


Dalla morte, dal timore della morte prende inizio e si eleva ogni conoscenza circa il Tutto. Rigettare la paura che attanaglia ciò ch’è terrestre, strappare alla morte il suo aculeo velenoso, togliere all’Ade il suo miasma pestilente, di questo si pretende capace la filosofia. Tutto quanto è mortale vive in questa paura della morte, ogni nuova nascita aggiunge nuovo motivo di paura perché accresce il numero di ciò che deve morire. Senza posa il grembo instancabile della terra partorisce il nuovo e ciascuno è indefettibilmente votato alla morte, ciascuno attende con timore e tremore il giorno del suo viaggio nelle tenebre. Ma la filosofia nega queste paure della terra. Essa strappa oltre la fossa che si spalanca a ogni passo. Permette che il corpo sia consegnato all’abisso, ma l’anima, libera, lo sfugge librandosi in volo.

Rosenzweig, La stella della redenzione


Capì che c'era un tempo Naturale dove gli elementi, gli animali, i fiori, le foglie e lui stesso, deperivano giorno per giorno e infine perivano, e un Tempo metafisico, Eterno, Immutabile, al di fuori della Natura e di lui stesso, cui era difficile pensare.

Raffaele La Capria, Fiori giapponesi, p. 24


Nella ricerca e nella nostalgia del primordiale, nell'ossessione delle origini, dei mondi anteriori all'uomo il nulla è in definitiva solo una versione più pura di Dio e proprio per questo vi si sono sprofondati con tanta frenesia i mistici, come del resto i non credenti di ogni indole religiosa

Cioran in Riga 28 170



Mi tuffavo completamente nella profondità dello stupendo mare del romanzo e gioivo di quella folle esistenza laggiù

E. Rohde,


leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di confermare

Pavese, Il mestiere di vivere


Ma siano queste lacrime le ultime/che ora ho versato per l'amata Grecia:/ stridano le cesoie delle Parche, /perché il mio cuore già appartiene ai morti,

Hölderlin, Liriche, 1977, p. 151


che cosa avrebbero di così piacevole per noi anche un semplice fiore, una fonta una pietra coperta di muschio, il cinguettìo degli uccelli, il ronzio delle api e altre cose simili a queste? che cosa potrebbe dar loro diritto al nostro amore? non sono questi oggetti, bensì l'idea da essi rappresentata ciò che noi amiamo in loro. Noi amiamo in loro la silenziosa vita creatrice, il sereno operare per se stessi, l'esistenza secondo leggi proprie, l'intima necessità, l'eterna unità con se stessi. Essi sono ciò che noi eravamo; sono ciò che noi dovremo tornare a essere. Come loro eravamo natura, e a essa la nostra cultura deve ricondurci attraverso la via della ragione e della libertà. Sono dunque rappresentazioni della nostra infanzia perduta, che rimane in eterno per noi la cosa più cara, e per questo ci colmano di una vaga tristezza. E sono nel contempo rappresentazione della nostra perfezione più alta nell'ideale, e per questo ci donano una sublime commozione»,

F. Schiller, Sulla poesia ingenua e sentimentale, trad. it. Milano, SE, 1986, p. 12-13


senza lasciare spazio a ciò che noi chiamiamo il caso, ogni elemento, ogni avvenimento, caricato di senso, si trova in rapporto e in interazione con gli altri

Marcel Griaule e Germaine Dieterlen, 1965, p. 43, Le renard pâle. tome I, fasc. I: La création du monde, Travaux et memoires de l'Institut d'Ethnologie, LXXII, Paris. (in Ferraro, 1979, p. 242)



Una chiara consapevolezza della morte. Tutta l'arte è in rapporto con la morte.

Rothko, Conferenza al Pratt Institute di Brooklyn, 27 ottobre 1958


“l’uomo di Stato è portatore di una responsabilità di fronte a Dio e alla storia. Non tanto perché dalle sue risoluzioni dipendano il bene e il male di innumerevoli uomini, quanto perché non ha al di sopra di sé nessuna istanza da potere interrogare”

H. Plessner, Grenzen der Gemeinschaft. Eine Kritik des sozialen Radikalismus (Francoforte 1981), trad. it. I limiti della comunità. Per una critica del radicalismo sociale, Laterza, Roma- Bari 2001, p. 115.


la visualità dell'immagine è una categoria anacronica della temporalità

Didi-Hubermann, in Gesti d'aria e pietra


Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce annoiato che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: “Salve, ragazzi, com'è l'acqua?”. I due giovani pesci nuotano un altro po'. poi uno guarda l'altro e fa: che cavolo è l'acqua?

D. F. Wallace, Questa è l'acqua.


«Vi ho detto la verità [...] la verità della memoria, perché la memoria ha una sua verità particolare. Seleziona, elimina, modifica, esagera, minimizza, glorifica e anche diffama; ma alla fine crea una propria realtà, una propria versione, eterogenea ma di solito coerente, degli eventi; e nessun essere umano sano di mente si fida mai della versione di qualcun altro più che della propria»

I figli della mezzanotte, Garzanti, 1989, p. 236


Importa che la gente ci creda perché a questo vuole credere. Forse è qualcosa in cui ha bisogno di credere, perché altrimenti resterà colpita dalla rivelazione un po' deprimente che la gente morta è semplicemente morta. Tutto il resto non è che una costruzione degli uomini: tutto il resto non ha niente a che vedere con l'individuo che è morto e ha tutto che vedere con coloro che sono rimasti (e che forse desiderano che i loro ruoli siano in qualche modo rovesciati).

C. Klosterman, Il giorno in cui il rock è morto, p. 244


Quel pensiero ritorna qui, io che aborro la morte: una memoria propagata e dilatata all'infinito, un'universo fisico di memoria, che sostituisce Dio ma anche gli somiglia. Conto su quella memoria precisa, energica, fedele, la stessa che mantiene registrati in me i momenti d'amore, di bellezza e di gloria. Dipendono solo da me per la loro sopravvivenza, esigono da me di farli sopravvivere con il rigore della fedeltà intransigente. La mia speranza è un universo intelligente di memoria che si ricorderà di noi e dei nostri distacchi. Mi penso come un astro che compie la sua traiettoria con sopra le città, le case, la gente, i paesaggi (...) finché si spegne e poi svanisce, ma quello che portava si fissa in memoria dell'universo.

G. Piovene, Le furie


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