Memoria
“Senza una notevole
facoltà di memoria nessun ingegno può né divenire né essere
grande”.
(Leopardi, Zibaldone,
nn. 1508-9)
Dal latino memoria,
sostantivo derivato da memor, is (colui che ricorda), a sua
volta connesso alla radice Mer (preoccupazione, ricordo).
Cicerone
(De oratore) scrive che il poeta Simonide, unico
sopravvissuto al crollo del soffitto durante un banchetto, ricordando
l’esatta posizione di tutti i commensali, riconobbe i corpi per dar
loro degna sepoltura. Così l’arte memotecnica connette ricordi a
luoghi e immagini, configurando la memoria come archivio che
riproduce esattamente il dato immagazzinato.
In Platone la conoscenza
è anamnesis, ricordo delle idee intuite prima di reincarnarsi
(Menone, Fedone); l’anima conserva le sensazioni
provate come la tavoletta di cera conserva l’impressione del
sigillo o come la colombaia ospita gli uccelli (Teeteto).
Con
Aristotele la memoria è indispensabile perché si formi il concetto:
nel De Anima la ritenzione della sensazione permette di
costituire un’immagine mentale che è rappresentazione di una cosa.
La memoria, madre di tutte le Muse, trattiene e riaggrega, crea il
nuovo rielaborando ciò che esiste.
In Agostino (Confessioni)
si trovano “campi e vasti palazzi della memoria, ove sono tesori di
innumerevoli immagini” e fino a Tommaso d’Aquino (De memoria
et reminiscentia) la memoria diventa una sorta di cava da cui gli
scrittori estraggono materiale da costruzione.
Sulla base di tali
concezioni Dante utilizza la metafora del libro (anche in Paradiso,
XXIII, 54), riprendendo la tradizione della memoria come scrittura.
Il termine è anche sinonimo di mente, intelletto o coscienza,
intendendo il complesso delle facoltà psichiche.
In età moderna la
memoria non è ars ma diventa vis, forza che fonda
l’identità personale nella vividezza del ricordo temporale,
secondo una linea che da Montaigne attraverso Vico, giungerà fino a
Nietzsche e Bergson, per poi innervare la psicologia, la psicanalisi
e le teorie della personalità in tutto il Novecento.
In altra
accezione è fama e ricordo che una persona lascia di sé, ma anche
monumento o epigrafe che perpetua un avvenimento; in tale senso dal
secondo dopoguerra si diffonderà la concezione della memoria come
valore in senso educativo e democratico. Si moltiplicano gli studi
sulla memoria collettiva come fenomeno sociale, costituito da
processi comunicativi in base ai quali il riferimento al passato
promuove un’identità culturale fondata su valori condivisi, come
avviene nella celebrazione di importanti ricorrenze civili.
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