venerdì 4 marzo 2016




Ho ripescato una recensione del 2012, che si è persa in un paio di redazioni per tornare qui, nel vecchio blog trascurato



soldati tedeschi, WW1.



La Germania segreta di Kantorowicz

Enrico Manera

La raccolta di scritti di Ernst Kantorowicz, Germania segreta (Marietti, 2012) curata e introdotta da Gianluca Solla, aggiunge numerosi elementi di chiarezza alla definizione della galassia intellettuale conservatrice che all'indomani della prima guerra mondiale ha finito in parte per confluire nel nazionalsocialismo contribuendo alla sua affermazione nel dodicennio nero 1933-45. Se gli studi del celebre medievista di Princeton su I due corpi del re (1957) sono assai noti, meno lo è l'itinerario biografico e culturale dello studioso tedesco (nato in Posnania nel 1895) che ha scritto pagine fondamentali sulla storia della sovranità, capaci di ispirare ancora oggi riflessioni sulla simbolica del potere e sulla corporeità dei potenti.
Uno dei pregi del lavoro del curatore è mostrare tutto questo a partire dal confronto tra il giovanile studio su Federico II di Svevia (1927), che risente di una mitografia nazionalistica e germanizzante, e il capolavoro della maturità in cui l'approccio dello studioso diventa analisi del mito: studio della funzione politica del mito e della finzione mitica del potere.
La distanza tra i due approcci nella produzione di Kantorowicz è innanzitutto un prodotto delle vicende storiche in cui si ritrova coinvolto. Intellettuale raffinato e culturalmente vicino a Stefan George e al suo circolo intellettuale, Kantorowicz è un ebreo laico, conservatore e omosessuale che ha combattuto la Grande guerra come volontario e ha partecipato con i Freikorps alla repressione delle rivolte comuniste del dopoguerra a Berlino e a Poznan. Negli anni successivi non rinnega il suo nazionalismo, rivendicando anzi una differenza tra l'autentica Germania, 'segreta' e poetica professata dal George-Kreis sul terreno mitologico della cultura classica, e la Germania nazista, populista e triviale, alla quale aderirono alcuni suoi sodali di un tempo.
Nel 1933, risparmiato grazie al suo status di ex combattente dall'epurazione in Università che gli sarebbe spettata in quanto ebreo, Kantorowicz protesta ufficialmente contro l'antisemitismo, di cui non capisce le ragioni peraltro senza avvertire come propria alcuna appartenenza all'ebraismo. La lettera al ministero con la quale si autosospende dall'incarico di 'Professore ordinario di storia medievale e moderna e scienze documentarie della storia' è un capolavoro, di fede nei valori dell'umanesimo e di fraintendimento di quanto stava avvenendo. Ebreo assimilato, continua a pensare nei termini del diritto conquistato durante la Grande guerra combattuta in nome del II Reich tedesco e poi con l'impegno anticomunista: allo stesso tempo manifesta tutta la cecità della contestazione elitaria del nazismo, incapace – sottolinea Solla – di comprendere il suo carattere totalitario e razzista, e quindi destinata al fallimento, come nel caso dell'attentato a Hitler del luglio 1944 da parte del gruppo facente capo a von Stauffenberg. Tale contestazione avveniva nel nome di un'élite legata alla Wehrmacht, alla nobiltà e alla Chiesa confessante, la stessa élite che anni prima aveva preferito il patto con il diavolo e con la feccia lumpen piuttosto che il consolidamento della socialdemocrazia e l'emergere delle masse socialiste.
Kantorowicz, che nella maturità riconosce come il «nichilismo nazista» abbia deciso di «abolire programmaticamente l'idea di umanità», ha coltivato la visione abbagliante di una Germania spirituale, gnostica e intellettuale per pochi e sofisticati eletti; una Germania intesa come il cuore dell'Europa, mediterranea e solare, greca e siciliana come solo un medievista studioso del Sacro romano impero poteva pensare. Un miraggio che altre menti, con analoghe risorse intellettuali, avevano saputo evitare: Mann, principe borghese che aveva perorato l'alleanza di borghesi e socialisti per scongiurare l'avanzata nazista e che dall'esilio americano rappresentava la cultura tedesca resistente e la speranza di una futura rinascita democratica del paese; Benjamin, ebreo laico e marxista che in posizioni di marginalità estrema e in qualità di vittima della sorte e della sua fragilità aveva già visto che in realtà la 'Germania segreta' era «in ultima analisi soltanto l'arsenale della Germania ufficiale, nella quale la cappa magica che rende invisibili è appesa accanto all'elmetto d'acciaio del soldato».

All'indomani della Notte dei Cristalli Kantorowicz lascia la Germania per Londra e da lì raggiunge gli Stati Uniti, per insegnare a Berkeley fino al 1949 e poi a Princeton, dove vedrà la luce lo studio su I due corpi del re. Da questa «disfatta personale e professionale», che include la tragica sorte della deportazione di parte della famiglia e la scomparsa di cari amici, emergerà una reale comprensione della questione tedesca e delle radici del carattere escatologico del nazismo. La nuova fase dello studioso si mostra, non solo negli appunti degli anni quaranta su Nazism and Rebarbarisation, ma in controluce nelle scelte teoriche e di politica universitaria.
La selezione di saggi mostra come le dinamiche della migrazione diano luogo dalla trasformazione dell'identità culturale dell'intellettuale: allo sradicamento che modifica la stessa nozione di Germania nella diaspora privata della lingua si affianca l'analisi della «genealogia delle forme del potere e delle sue formule» che prende forme inaspettate come l'impegno politico a favore dell'insegnamento nell'America paranoide del Maccartismo.
Quando l'Università della California chiede il giuramento anticomunista ai suoi professori l'autodichiaratosi «conservatore autentico» Kantorowicz è tra i primi a condurre una rigorosa battaglia culturale in nome della libertà di coscienza e di insegnamento che terminerà con le sue dimissioni e il trasferimento a Princeton.
Ne La questione fondamentale (1950) scrive di essersi impegnato in tal senso «probabilmente perché la mia esperienza di storico e quella personale della Germania nazista mi hanno insegnato a stare in allerta quando sento risuonare certi toni che mi sono familiari. […] Per due volte ho combattuto attivamente, con la pistola e il fucile, la sinistra radicale in Germania, arruolandomi come volontario; tuttavia sono anche consapevole che, aderendo all'esercito bianco, anche se indirettamente e contro ogni mia intenzione, ho preparato la strada che ha condotto al nazionalsocialismo e alla sua ascese al potere. […] Il problema, così spesso ignorato, è quale generazione di vipere può provenire dai 'battaglioni bianchi', una volta che indossano le camicie marroni. […] Il mio rispetto per l'Università della California e per i suoi compiti è tale che non posso non accondiscendere a che l'inquisizione politica, che paralizza l'attività universitaria sia contemplata all'interno delle sue attività».
I saggi di Germania segreta mostrano i problemi ermeneutici che accompagnano le varie fasi del lavoro di Kantorowicz: all'inizio contro lo storicismo positivista, in nome della consapevolezza del coinvolgimento storico di ogni studioso, e in direzione della messa a fuoco di una metodologia per un'archeologia dell'immaginario sempre più consapevole dal punto di vista metodologico; ma il segreto prezioso che il libro dischiude è la vicenda di impegno dell'esule sradicato che dal pianeta degli intellettuali e del passato prende la parola nella forma di «interrogazione al presente e ai presenti» (Solla) per difendere nell'“ora” la dignità della 'professione' intellettuale contro l'asservimento al potere o al mercato e contro i correlati di precarizzazione, banalizzazione, impoverimento dell'insegnamento e dell'apprendimento.

Parole importanti che sono un antidoto contro la tentazione ricorrente nel potere che, ieri come oggi, mira a neutralizzare l'Università come «istanza di emancipazione» nata dalla «comunanza degli studenti e dei docenti».

Germania, 1956.

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